pierluigi nervi - l'insegnamento dell'architettura
da Casabella 768

Sebbene molto si discuta di architettura in tutti gli ambienti culturali ed artistici, ritengo che non sia sufficientemente considerata ed approfondita la questione dei rapporti sostanziali e formali che collegano i problemi architettonici e la tecnica costruttiva.
In altre parole mi sembra che non venga sufficientemente messo in rilievo quanta parte abbia avuto, proprio nella più intima essenza della attuale situazione architettonica, lo sviluppo delle teorie statiche e dei metodi costruttivi conseguenti al generale progresso scientifico e tecnico della nostra epoca. È evidente che la tecnica sola non può dar spirito e vita a vere espressioni architettoniche, e che queste non potrebbero prendere corpo senza una tecnica realizzatrice ma, a parte questa immediata dipendenza tra ideazione e realizzazione, valida per tutti i tempi e per tutte le tecniche dirette a dar corpo sensibile ad una idea astratta, si può osservare che nel campo architettonico è avvenuto qualcosa di molto più importante e solamente paragonabile alla trasformazione della musica che seguì l'invenzione della notazione scritta e degli strumenti che formano l'orchestra. L'architetto di una volta, nella impossibilità di eseguire calcoli statici di verifica, anche approssimativi, era necessariamente obbligato a seguire sistemi costruttivi intuitivamente trovati, e successivamente perfezionati attraverso un lento progresso sperimentale. Il passaggio da uno schema statico-costruttivo ad un altro, ad esempio dalla struttura architravata a quella ad arco, si attuava lentamente per gradi successivi. Definito uno schema, questo si manteneva costante per un notevole numero di decenni o di secoli fino al sorgere di una nuova intuizione costruttiva.
Le possibilità di cui oggi disponiamo, di indagare qualitativamente e quantitativamente il giucco statico di una qualsiasi disposizione strutturale (quando sia insufficiente l'indagine teorico-matematica, resta sempre aperta quella sperimentale su modelli), e l'efficienza dei nuovi materiali costruttivi, ci hanno dato, in pochi decenni, una quasi completa libertà di invenzione di nuovi schemi costruttivi che hanno praticamente annullato tutti i precedenti. Chi penserebbe oggi a costruire uno stadio in muratura e pietra da taglio come il Colosseo o una cupola dello spessore di cinque metri come quella di Santa Maria del Fiore a Firenze?
La libertà di invenzione così raggiunta, la maggior efficienza statica dei nuovi materiali ed infine la novità di un grande numero di temi costruttivi, senza precedenti nella storia dell'umanità (stazioni ferroviarie, marittime, aeree, grandi officine, centrali elettriche, autostrade e grandi ponti richiesti dal traffico veloce), hanno così profondamente modificato il costruire di oggi, da rendere non solo illogico ma praticamente impossibile qualsiasi sostanziale riferimento alle opere del passato, riferimento che, in ogni caso, non potrebbe essere che limitato a singoli elementi di carattere puramente formale. Inutile insistere sulla assurdità di un tale artificioso inserimento di elementi appartenenti a tecniche ed architetture del passato su ossature di oggi, assurdità in tutto simile a quella che otterrebbe applicando il castello di poppa o la polena dei vascelli del 600, ad un moderno transatlantico. Il più accanito misoneismo non potrebbe arrestare la rivoluzione architettonica, oggi in atto, come non potrebbe far rivivere i grandi velieri, o i viaggi in diligenza. L'essenza del problema architettonico è oggi non la ricerca di impossibili collegamenti con il passato, ma il pieno sfruttamento, con animo libero, delle possibilità costruttive che il progresso tecnico ci ha dato. È necessario, soprattutto, dare un'anima e un'espressività estetica alle nuove tecniche edilizie, sviluppandone in pieno la illimitata ricchezza.
Ma per ottenere ciò è indispensabile che l'architetto, inteso come creatore dell'opera architettonica, abbia una completa padronanza della tecnica stessa e ne conosca le possibilità e i limiti.
Come potrebbe altrimenti esprimere un pensiero poetico in una lingua della quale mal conosca parole, grammatica e sintassi? Molte difficoltà dell'attuale momento architettonico derivano precisamente dal fatto che la rapidità del progresso tecnico ha di troppo sopravanzato l'inevitabile lentezza di sviluppo della preparazione tecnica dei progettisti. E poiché tale preparazione trova la sua insostituibile base negli studi universitari, si può affermare che uno dei più importanti e sostanziali problemi, tra quanti oggi si presentino in campo architettonico, è quello di un efficace ordinamento delle facoltà di architettura. Non saprei come raccomandare a quanti amano l'architettura e si preoccupano del suo avvenire, di mettere in primo piano e considerare in tutta la sua importanza la questione dei programmi delle scuole superiori di architettura. L'essenza del problema è nella precisazione di metodi di insegnamento atti a dare ai giovani architetti la padronanza della statica e di tutte le tecniche accessorie di una moderna costruzione (riscaldamento, condizionamento d'aria, illuminazione) senza troppo appesantire i già gravi programmi ed inaridirli nel freddo tecnicismo, a base matematica, delle scuole di ingegneria. SÌ tratta di rendere l'architetto capace di inventare una complessa struttura e sentirne le possibilità resistenti senza obbligarlo a passare attraverso gli sviluppi della più elevata teoria dei sistemi elastici, teoria talmente vasta e complessa da assorbire, da sola, tutte le forze di una pur elevata intelligenza. Ritengo che qualche buon risultato si potrebbe ottenere cercando di rendere l'insegnamento delle varie discipline tecniche, e di quelle propedeutiche ad esse collegate, il più concettuale possibile.
L'architetto non ha bisogno di formule esatte per calcolazioni di dettaglio, ma di concetti ben chiari in senso qualitativo e largamente approssimati, in senso quantitativo. Per inventare e proporzionare una struttura, con quella approssimazione che è sufficiente a definirne il funzionamento statico e le proporzioni estetiche, non occorrono esatte calcolazioni che potranno essere eseguite da specialisti, in un secondo tempo, all'atto esecutivo. Qualsiasi struttura, anche molto complessa, si presta, se profondamente capita e sentita, a calcolazioni statiche semplici e rapide, che non richiedono impiego di sviluppi matematici, sempre troppo lunghi, inutilmente polarizzanti, e anzi contro-producenti nella delicata fase, essenzialmente inventiva, della progettazione di massima. Ritengo quindi che lo studio della statica e della scienza delle costruzioni dovrebbe essere condotto, nelle scuole di architettura, in modo ben diverso da quello delle scuole di ingegneria. Diversità che non deve significare superficialità, ma approfondimento intuitivo, intima comprensione e sintetizzazione, in semplici formule di prima approssimazione, dei procedimenti matematici di calcolo. La fotoelasticità, e l'indagine con estensimetri su modelli di strutture, potrebbero molto efficientemente cooperare alla comprensione del funzionamento statico delle strutture portanti.
Anche la statica grafica con la sua rappresentazione visiva delle forze, e del loro comporsi ed equilibrarsi, dovrebbe essere largamente sviluppata. Ritengo che lo stesso metodo, diretto a dare una comprensione fondamentale qualitativa e concettuale, potrebbe essere applicato alle tecniche accessorie (riscaldamento, aereazione, illuminazione) che tanta importanza hanno nella riuscita di un'opera edilizia. In una parola, si dovrebbero indirizzare le scuole di architettura alla formazione di veri creatori del fenomeno architettonico, che prende corpo attraverso l'armoniosa fusione di tutte le tecniche, risultato che non è possibile raggiungere se l'architetto non conosce a fondo i modi, i lìmiti e le possibilità di ogni ramo della tecnica e non è in grado di coordinare e guidare l'opera degli specialisti, ognuno dei quali deve sopravanzare in fertilità di intuizione e chiarezza di concetti.